La rinascita del vinile

0

Qualche giorno fa ricordavo quanto fosse importante la corretta preservazione dei dati digitali, ed è indubbio che una delle prime categorie ad avere beneficiato (o subito, a seconda dei punti di vista) del processo di digitalizzazione è stata proprio la musica. Agli inizi degli anni ’80 il lancio sul mercato del Compact Disc ha segnato la linea di demarcazione con l’analogico. I nuovi dischi ottici promettevano mirabilie: semplicità di uso, grande resistenza, assenza di rumori e fruscii, qualità di gran lunga maggiore di quella ottenibile con i vecchi dischi in vinile. Ma, come era già avvenuto per il passaggio dalle valvole ad i semiconduttori, qualcosa all’orecchio allenato degli audiofili non tornava. Il suono era oggettivamente diverso da quello che si era abituati ad estrarre dai vecchi dischi LP.
Per molti anni le tecnologie hanno continuato a convivere, grazie anche alla discutibile politica delle case discografiche di commercializzare la versione in CD degli album a prezzi maggiori della equivalente in vinile. Ma la strada era segnata. Come era stato per l’avvento del Sony Walkman, la creazione di comodissimi lettori in grado di decodificare i formati compressi, come l’Mp3, hanno definitivamente spostato l’ago della bilancia, liberando la musica dalle ingombranti apparecchiature da salotto, ma decretando nel contempo una drastica riduzione della qualità media della musica fruita.

Nonostante ciò, e differentemente da altre tecnologie spazzate letteralmente via dall’invasione digitale, i dischi in vinile non sono mai spariti del tutto, ma sono rimasti per un lungo tempo un mercato di grande nicchia: poche voci in catalogo, ma di qualità.
Già da qualche anno, però, il mercato sembra avere una interessante inversione di tendenza, e un po’ in tutto il mondo è in crescita sensibile. Anche in Italia i dati sono interessanti: secondo RollingStone le vendite di vinile nel nostro paese sono cresciute del 66% nei primi mesi del 2014. Per la FIMI, la federazione delle aziende del settore musicale, il vinile oggi assorbe circa il 3% del mercato, un segmento che in soldoni vale circa due milioni di euro.

Dal punto di vista della preservazione dell’informazione i classici dischi da 33 giri ed 1⁄3 sono insuperabili: dei microgroove di famiglia dei primi anni ’50 da 10″ rimangono perfettamente leggibili dopo oltre sessant’anni, restituendo un suono ottimo e cristallino a dispetto dell’età. Di per contro alcuni CD che ho acquistato nei primi anni ’80, ovviamente originali, sono oramai divenuti illeggibili in tutto o in parte.
Produrre i long playing è però al giorno d’oggi un processo complesso e costoso: sono necessarie apparecchiature delicate, le presse, in possesso di un ristrettissimo numero di aziende, una quarantina in tutto il mondo, che si trovano a fronteggiare una crescente domanda che supera largamente le capacità produttive.

In questo quadro di mercato, molto interessante ma dai contorni abbastanza incerti, si inserisce l’iniziativa di una azienda giapponese, Qrates, che offre un servizio che mette tutti in grado di produrre con semplicità un disco in vinile e senza la necessità di fare investimenti.
E’ sufficiente connettersi al loro sito, scegliere la tipologia del disco – velocità, dimensioni, colori – caricare gli elementi grafici sia dell’etichetta che della copertina e, ovviamente, il contenuto. Il sistema provvederà a calcolare direttamente il costo dell’operazione in relazione al numero di stampe richieste. Non sono necessarie grandi tirature: è possibile partire da un minimo 100 copie. Non solo, il sito provvede anche ad attivare un sistema di vendita del prodotto direttamente on-line utilizzando un meccanismo simile al crowdfunding: l’opera viene messa in prevendita, ed una volta che le prenotazioni hanno raggiunto il numero di copie desiderato il disco viene mandato in stampa.

qrates

C’è da dire che il processo appare a primo avviso un po’ troppo semplice, visto che la creazione di un master per la stampa in vinile non è assolutamente paragonabile quella di un compact disc. A differenza del prodotto digitale, per il vinile non è possibile usare processi industriali, la generazione del master è invece una attività del tutto artigianale, legata alle caratteristiche dell’audio da incidere e grandemente influenzata dalle capacità del tecnico di masterizzazione.
Nonostante ciò è un servizio potenzialmente molto interessante, visto che apre un mercato che altrimenti rimarrebbe inaccessibile, ed a prezzi tutto sommato ragionevoli: poco più di 10 euro per una tiratura minimale di 100 pezzi, comprensivo delle spese di spedizione.

Rimane sorprendente la vitalità di una tecnologia antica che, nonostante sia già stata data per defunta, riesce a rinascere dalle sue ceneri sfruttando il suo diretto rivale: il digitale.

La foto del titolo è di Giorgio Rutigliano.

Condividi:

L'autore

Consulente Informatico, blogger, problem solver, radioamatore. Ho iniziato la mia attività nel 1977 sviluppando sistemi di calcolo nell'area energie alternative e rinnovabili e da allora mi sono sempre interressato delle frontiere della tecnologia. Nel 1984 sono stato fra i pionieri delle BBS, i primi servizi telematici pubblici, e l'anno successivo ho portato in Italia Fidonet, la prima rete pubblica mondiale, che ho coordinato sino al 1994. Sono attivamente su Internet agli inizi degli anni 90, Nel 1998 sono stato fra i primi a credere nella convergenza digitale, arricchendo internet con materiale multimediale, come audio e video, anni prima del Web 2.0. Continuo da sempre ad occuparmi di informatica e di tecnologia con un occhio attento al futuro che ci attende. Continuo a lavorare come consulente informatico, con una specifica competenza in sicurezza, reti di comunicazione, sistemi operativi e tecnologie di virtualizzazione.

Lascia un commento