BYOD e la scuola di domani – 1: le LIM

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La buona scuola, il documento del Governo sulle linee guida per la scuola di domani, preannuncia a breve una brusca sterzata dalle linee guida dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Sino ad oggi gli investimenti tecnologici nella scuola sono stati finalizzati alla diffusione delle Lavagne Interattive Multimediali (LIM) che erano ritenuto lo strumento chiave per traghettare l’Italia verso l’istruzione del futuro.

Un frammento del Piano Nazionale Scuola Digitale

Un frammento del Piano Nazionale Scuola Digitale

Nonostante l’AgID continui ad indicare le LIM come strategiche, il giudizio del documento governativo è certamente impietoso: <Abbiamo anche investito in tecnologie troppo “pesanti”, come le Lavagne Interattive Multimediali (le famose “LIM”), che hanno da una parte ipotecato l’uso delle nostre risorse per innovare la didattica, dall’altra parzialmente “ingombrato” le nostre classi, spaventando alcuni docenti.> (pag.74).

Le nuove strategie sono delineate due pagine più avanti: <Non saremo soddisfatti fino a quando l’ultima scuola dell’ultimo comune d’Italia non avrà banda larga veloce, wi-fi programmabile per classe (con possibilità di disattivazione quando necessario) e un numero sufficiente di dispositivi mobili per la didattica, anche secondo la modalità sempre più adottata del BYOD (Bring Your Own Device, “porta il tuo dispositivo”, per cui la didattica viene fatta sui dispositivi di proprietà degli studenti, e le istituzioni intervengono solo per fornirle a chi non se lo può permettere> (pag.76).

Ho letto da più parti che le motivazioni della scelta di una discontinuità così marcata con il presente siano da cercare esclusivamente nella voce risparmio, ed in effetti l’affermazione sul peso delle LIM lascerebbe avvalorare questa ipotesi.

Allo stesso tempo c’è da dire che solo uno sprovveduto può pensare che l’introduzione nella scuola di un numero massiccio di dispositivi elettronici, per di più del tutto eterogenei, possa essere implementato in modo semplice ed economico. Avrà, invece, un impatto significativo sia dal punto di vista delle infrastrutture scolastiche, sia per quanto riguarda l’approccio metodologico dell’insegnamento.

L’esperienza di chi questo processo evolutivo lo ha iniziato già da alcuni anni, come ad esempio gli USA, dimostra però che il BYOD – se implementato correttamente – sia oggettivamente un modello organizzativo vincente per una scuola nuova e più interessante. Ma come ci prepariamo ad affrontarlo?

Le LIM

Temo che La buona scuola abbia indotto molti commentatori  a sparare a zero sulle LIM, invece a mio giudizio questi dispositivi hanno avuto sino ad ora un ruolo molto importante. E’ un fatto che, prima della loro introduzione, le aule informatiche erano utilizzate quasi esclusivamente per insegnare ai ragazzi l’uso del computer, molto poco come strumenti didattici per veicolare altre discipline. Con le LIM le tecnologie digitali sono invece entrate di prepotenza nel mondo dell’insegnamento come strumento didattico.

Ma che cosa è una LIM?

LIM2
Sostanzialmente è un computer, collegato ad una lavagna sensibile al tocco e ad un videoproiettore. L’unione dei tre elementi costituisce una sorta di tablet gigante, che consente di interagire con i programmi installati sul computer e di utilizzare tutte le risorse che un dispositivo connesso ad internet ha a portata di tocco. Dispone inoltre di un software specializzato che è utilizzato dinamicamente per l’insegnamento, ad esempio per tracciare linee o figure geometriche, per conservare quanto disegnato in un documento elettronico o per preparare percorsi didattici da fare eseguire direttamente agli alunni.

Credo sia abbastanza evidente quanto l’utilità di un dispositivo di questo genere sia strettamente dipendente dalla qualità del materiale (software, contenuti multimediali, lezioni, etc..) che è disponibile ed utilizzabile nel lavoro quotidiano. In mancanza di esso rimane uno strumento sicuramente utile, ma largamente sottoutilizzato. Materiale che, come è facile indovinare, è tutt’altro che abbondante.

Una programmazione attenta di questo passo avrebbe consigliato la creazione di meccanismi di condivisione dei contenuti che favorissero la creazione di una sorta di libreria di materiale didattico a cui i docenti potessero attingere per il lavoro quotidiano: come è ben noto a chiunque abbia provato a farlo almeno una volta, la creazione di contenuti digitali non è una operazione banale.

Ma la scarsezza di contenuti dipende anche da un altro elemento, che costituisce una importante debolezza del progetto: l’eterogeneità delle piattaforme. Le LIM non sono standardizzate, ogni produttore le dota di un software di gestione proprietario. Questo non solo rende impossibile avere una immediata ed universale interscambiabilità dei contenuti, ma mette anche il docente nell’incertezza di sapere se il materiale sviluppato un anno su un determinato modello di LIM sarà poi riutilizzabile negli anni successivi sul dispositivo che si troverà ad utilizzare, che non è detto sarà certamente lo stesso.

E’ un errore di programmazione che riscontro frequentemente nella pubblica amministrazione: accentrare troppo l’attenzione sull’hardware, sottostimare drammaticamente ed inspiegabilmente l’importanza, vitale, del software.

Per inciso, anche in questo ambito esiste una offerta open source, cioè programmi gratuiti, aperti ed utilizzabili indipendentemente dal produttore dell’hardare, come – ad esempio – Open Sankorè.  Il limite di questo approccio è che sono programmi che devono essere installati e configurati dal docente, che spesso non ha le competenze per farlo. Inoltre in caso di problemi non hanno il supporto e l’assistenza di un fornitore ufficiale. Il risultato di questo stato di cose è l’attuale babele, che certo non contribuisce a valorizzare i punti di forza del progetto LIM.

Credo che sia abbastanza evidente, quindi, che nonostante l’esperienza delle lavagne interattive multimediali sia stata sino ad ora sicuramente positiva, sarebbe potuto essere molto più proficua ed efficiente se fosse stata progettata con maggiore pragmatismo ed attenzione per la fruibilità dell’investimento.

Il nuovo modello BYOD non solo riproporrà gli stessi problemi, peraltro ingigantiti dalla molto più ampia eterogeneità dei dispositivi personali, ma in prospettiva ne porrà altri – e non solo tecnologici, come vedremo nel prossimo post.

Foto di Brad Flickinger e Pablo Garcia

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L'autore

Consulente Informatico, blogger, problem solver, radioamatore. Ho iniziato la mia attività nel 1977 sviluppando sistemi di calcolo nell'area energie alternative e rinnovabili e da allora mi sono sempre interressato delle frontiere della tecnologia. Nel 1984 sono stato fra i pionieri delle BBS, i primi servizi telematici pubblici, e l'anno successivo ho portato in Italia Fidonet, la prima rete pubblica mondiale, che ho coordinato sino al 1994. Sono attivamente su Internet agli inizi degli anni 90, Nel 1998 sono stato fra i primi a credere nella convergenza digitale, arricchendo internet con materiale multimediale, come audio e video, anni prima del Web 2.0. Continuo da sempre ad occuparmi di informatica e di tecnologia con un occhio attento al futuro che ci attende. Continuo a lavorare come consulente informatico, con una specifica competenza in sicurezza, reti di comunicazione, sistemi operativi e tecnologie di virtualizzazione.

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